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A TU PER TU COL DIRETTORE: 8 marzo tra le mimose e le bombe

A TU PER TU COL DIRETTORE: 8 marzo tra le mimose e le bombe

Alzi la mano chi pensava che il primo 8 marzo post covid potesse essere così triste… Due anni di covid, lockdown, morti, malattia, mascherine e ci ritroviamo… in guerra? Ma davvero? Ma davvero nel 2022 si può ancora morire sotto le bombe sulle città? In Europa? Per farneticanti ragioni che non si capiscono neppure quando qualche illuminato amico di Putin cerca di spiegartele? A me, scusatemi tanto, delle ragioni per cui lo zio Vladimiro zar di tutte le Russie ha deciso di sprofondare il mondo in una guerra che potrebbe diventare nucleare, non me ne importa una beata cippa (come diceva mio nonno Gustavo)… io reclamo il mio diritto di vivere in pace. Senza il cattivone di 007 che mi minaccia un’ora sì e un’ora no. E credo che lo stesso volessero le donne d’Ucraina, in prima fila oggi sotto le bombe con le armi in mano, che loro malgrado diventano il simbolo di una festa della donna che… combatte. Io sono convinto che se, al posto dello zio Vladimiro Napoleone Putin di Tuttelerussie ci fosse una donna… beh… le cose sarebbero andate diversamente. Forse invece che a spararsi addosso, si penserebbe a costruire un mondo migliore per i propri figli, un posto sicuro, in pace. I miei auguri, dunque, vanno a loro, alle donne che combattono per i loro ideali, per il benessere di chi vive loro intorno. Altro che bombe, altro che ometti imbottiti di testosterone. Fate l’amore, non fate la guerra era un vecchio slogan dei figli dei fiori. Beh, tiriamolo fuori, diventiamo figli della mimosa. Basta guerra, basta donne al fronte, basta paura. E mi sa che dovranno pensarci proprio loro, le mamme, le mogli, le compagne, le figlie a prendere in mano questo povero mondo. E a farlo diventare un po’ migliore…

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