Il ritorno al cinema di Maurizio Mattioli: “Sul set tra divertimento e passione”
In tv è un vescovo dal cuore d’oro al fianco del parroco don Donato nella serie Din Don, quattro episodi andati in onda nelle scorse settimane su Italia 1. Ma ora Maurizio Mattioli, 90 film alle spalle e una carriera costellata di successi, torna a fare cinema. Proprio in questi giorni è sul set de La Banda del Buffardello una divertente commedia diretta dal regista veneto Mario Chiavalin che sarà prima al Festival di Venezia fuori concorso e poi nei cinema il prossimo inverno. Una commedia divertente che vede protagonisti, accanto a Maurizio Mattioli, Umberto Smaila, Pippo Franco, Max Cavallari dei Fichi d’India, Cesare Ragazzi e la bravissima Loretta Micheloni. Nel film Mattioli è un falsario “Er Pinturicchio”, capace di falsificare qualsiasi cosa scritta, compreso un antico manoscritto di Leonardo da Vinci.
Come ti sei trovato sul set del Buffardello?
Mi sono divertito molto con Pippo (Franco) e gli altri del cast. Arrivati ad una certa età ti devi pure divertire, non è più una questione di soldi. Diventa fondamentale la qualità del prodotto, la bella storia. Ecco, La banda del Buffardello è una bella storia. Mi ricorda un po’ i film di Totò e De Sica, La banda degli Onesti.
Ci racconti la trama?
Un gruppo di pensionati si mette in testa di fare una grande truffa e di falsificare un manoscritto di Leonardo da Vinci. C’è un chimico, uno scrittore, un editore, un antiquario, una maestra di danza e io… un falsario che chiamano Er Pinturicchio. Ne succedono di tutti i colori. Si tratta di un film molto divertente, scritto da un vero scrittore di best seller come Luca Arnaù… Insomma, è un gran bel film. Speriamo che la gente lo capisca e corra a vederlo!
Ti piacerebbe alternare la tua carriera da attore comico con qualcosa di più serio?
Sì… e nel corso del tempo ci sono state delle persone che me l’hanno proposto, come Gigi Proietti o Stefano Reali, col quale ho fatto cose molto belle, come lo spettacolo “Ancora era ora!”. Purtroppo non sono tantissimi quelli che riescono ad ipotizzare un passaggio dall’idea comica al respiro più drammatico. Io ho fatto tanta comicità e, da un certo punto di vista, ho pagato pegno.
Pensi quindi che i produttori o i registi ti propongono cose comiche perchè cercano di andare più sul sicuro, rischiando il meno possibile?
Lo fanno perché l’abitudine è di catalogare gli attori in “comici” e “seri”… mentre la catalogazione corretta dovrebbe essere tra “attori” e “non attori”! Questa è la vera questione. Poi, certo… attori che possono sostenere qualsiasi ruolo si contano sulla punta delle dita,
Sul fronte televisivo che stai facendo? Che progetti hai?
Girerò una fiction che si chiama The Net, legata al mondo del calcio, con Franco de Biase. Poi farò, sempre con De Biase, un film con Christian De Sica e Massimo Ghini, il prossimo luglio.
E come vive Maurizio Mattioli le crisi di questo momento, il covid, ora addirittura la guerra…
A bocca aperta. Con stupore e orrore. La guerra è una cosa brutta, soprattutto ora che siamo appena usciti da due anni da incubo. Per il resto vivo da “pensionato”… ma divertendomi. I guadagni, come ti ho detto, non sono più quelli di una volta. Se hai guadagnato l’hai fatto prima. Alla mia età e con la crisi del cinema che c’è oggi dovrei essere matto a pensare di guadagnare i cachet di una volta. Tutto quello che adesso faccio è in nome della passione che tanti anni fa mi ha spinto ad iniziare questo mestiere.
Qual è stato per te il periodo di maggior fulgore dal punto di vista economico?
Diciamo dal 1997 al 2000, poi successivamente con I Cesaroni, Un ciclone in famiglia e produzioni simili. Quei guadagni per gli attori della mia generazione, non ci sono più, salvo qualche rarissimo caso. le produzioni preferiscono ingaggiare attori più giovani, magari meno conosciuti ma più strategicamente da spingere.
Come giudichi l’esplosione delle serie tv sulle varie piattaforme che hanno sottratto spazio al cinema?
E’ semplice, pur di lavorare, gli attori sono disposti a fare di tutto, anche se con meno guadagno personale. Finché si lavora va bene, ci si accontenta. Quello che deve preoccupare è invece un altro aspetto: la qualità del prodotto finale. Che non sempre è all’altezza.