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«Bud Spencer? Mio padre», la figlia illegittima chiede il Dna

«Bud Spencer? Mio padre», la figlia illegittima chiede il Dna

Bud Spencer

«Bud Spencer? Mio padre», la figlia illegittima chiede il Dna; Carlotta Rossi, producer di 46 anni che vive a Londra, ricorda bene quel gigante buono che veniva a trovarla a casa: l’uomo che non ha mai potuto chiamare papà, ma solo “Lallo”. La settimana scorsa ha intrapreso il percorso giudiziario per ottenere il riconoscimento di paternità da quello che sostiene essere il suo vero padre: Bud Spencer ovvero Carlo Pedersoli, scomparso sei anni fa, il 27 giugno. Rossi chiede l’esame del Dna e un risarcimento, attraverso gli eredi, del «danno subito per la sostanziale mancanza della figura paterna nell’intero arco della vita». Ha raccontato la sua vicenda in un libro, “A metà”, disponibile da oggi su Apple Books, firmato Carlotta Rossi Spencer.

Lei ha due figlie, il marito Carlo lavora in Italia, sua madre si chiamava Giovanna Michelina Rossi.

Lei ha due figlie, il marito Carlo lavora in Italia, sua madre si chiamava Giovanna Michelina Rossi. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera racconta che il padre ha provveduto al suo mantenimento fino alla laurea, le ha pagato la scuola in America e le vacanze. Sua madre ha ricevuto mille euro al mese di mantenimento fino alla morte dell’attore.Nel primo ricordo che ha di lui, ha tre anni e mezzo.  l’uomo che non ha mai potuto chiamare papà, ma sempre e solo «Lallo», lei per lui era «Lallina». Un personaggio pubblico, amatissimo a ogni latitudine soprattutto dai bambini: Bud Spencer, al secolo Carlo Pedersoli .

Il riconoscimento di paternità

«Non c’è un motivo per cui ho deciso adesso di avanzare le mie richieste in Tribunale e di raccontare in un libro il grande amore che ha legato mia madre a mio padre – racconta – Oggi sono pronta, prima no. E mi sento affrancata dalla promessa fatta a mia madre, mancata il 9 novembre 2015, che non avrei mai detto a nessuno chi era mio padre. Quando mamma è morta ho telefonato a Giuseppe Pedersoli, il suo primogenito, di cui mi ero procurata il cellulare perché lavoriamo nello stesso ambiente. La telefonata è durata 30 secondi, il minimo indispensabile. Gli ho detto chi fossi e che avevo bisogno di avvisare Carlo. Non l’ho mai più sentito».

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