Delusione Jacobs a Parigi: solo quinto…
Una gara storica: non era mai accaduto, nemmeno nell’era Bolt, che tutti gli otto finalisti corressero i 100 metri sotto i 10 secondi. Marcel Jacobs si arrende, ma se solo Lewis e Bolt sono stati capaci di conquistare due ori olimpici consecutivi un motivo ci sarà… L’azzutto era partito come una molla, poi la resa: così Jacobs ha abdicato in una delle finali più belle.
Jacobs ha abdicato
La velocità non parla più italiano, non è cresciuta a Desenzano del Garda, non ha il sorriso dolce e i tatuaggi da finto spaccone di Jacobs. Nella notte di Noah Lyles (in 9”79 primo oro dei quattro nel mirino), Kishane Thompson (argento con lo stesso tempo) e Fred Kerley (bronzo in 9”81), il podio racchiuso in due centesimi di uno sprint supersonico, primo e secondo divisi da 5 millesimi, il re di Olimpia abdica con onore: il 9”85 che gli vale il quinto posto è il personale stagionale, però non basta.
Tutti velocissimi
Mai nella storia si era vista una finale olimpica dei 100 con tutti e otto sotto i 10”. Invece ieri il risultato è stato incertissimo, in cinque sono piombati sul traguardo in un groviglio che soltanto il fotofinish ha potuto chiarire. Jacobs è uscito dai blocchi come una molla (tempo di reazione 0.114, meglio di lui solo Kerley, 0.108, al limite della falsa), si è battuto in ottava corsia e fino agli 80 metri è rimasto attaccato ai rivali. Fatali gli ultimi 20 metri, sbranati gomito a gomito da Lyles e Thompson, con Kerley attardato di un pelo. E’ di 9”84 la media degli otto, in cinque in sei centesimi, 12 centesimi il distacco tra primo e sesto.
Le parole dell’azzurro a fine corsa
«Non posso essere contento, ma non posso nemmeno recriminare niente – il commento del campione zoppicante, con la coscia sinistra fasciata in pista dopo l’arrivo – . Ho dato tutto, mi dispiace perché volevo una medaglia. Ho lavorato tanto, decidere di andare dall’altra parte del mondo non è stato facile». Non correva così veloce da due anni, la cura di Rana Reider ha funzionato: «È un buon tempo, ma non abbastanza». E l’infortunio? «Solo un crampo, domani l’abbiamo già risolto. Volevo dimostrare che nonostante gli inciampi della vita bisogna rialzarsi. Perdere fa parte del gioco». Un gioco spietato, che candida a Mister Olimpiade la pop star dell’atletica, quel Noah Lyles che si era nascosto in batteria e che invece ieri, urlando come un ossesso e prendendosi a schiaffi, ha emesso il primo potente ruggito.