Oggi esce il nuovo album di Francesco Gabbani (intervista)
Oggi esce il nuovo album di Francesco Gabbani. A distanza di due anni da Viceversa, torna con un nuovo lavoro, Volevamo Solo Essere Felici che viene pubblicato da BMG. Un disco di analisi personale e soggettiva, in continuità col suo percorso artistico e professionale da cantautore. Anche se il mood generale risulta un po’ diverso. Rispetto al precedente lavoro, le nuove canzoni rendono il senso di un’introspezione psicologica, più intime e profonde. A brani energici e ritmati (come il singolo che da il titolo all’intero disco) si alternano pezzi maggiormente riflessivi, dove la ricerca del testo si sposa con melodie raffinate. L’utilizzo di sezioni d’archi e di strumenti autentici contribuisce non poco ad ottenere un nuovo colore musicale, con cui il cantautore sceglie di presentare le sue nuove composizioni.
Francesco, in questo disco appari più introspettivo: che cosa ti ha spinto a caratterizzarlo in questo modo?
Si tratta di una raccolta di canzoni che rappresenta chi sono in questo momento ma che prova a raccontare anche quello che è accaduto negli ultimi due anni.
Come hai scelto il titolo dell’album?
Partendo dal fatto che non si tratta di un concept album, voglio sottolineare che non c’è la presunzione di definire la felicità in quanto tale, essendo soggettiva e personale. Però tutti abbiamo l’attitudine a cercarla, dietro ogni azione c’è la sua ricerca. Sono brani che non hanno una età di riferimento, portano tutti a riflettere. Io esprimo quello che penso lasciando spazio per l’interpretazione personale. Mi piace proporre domande e non risposte. Non sono un professore presuntuoso, mi limito a porre domande che poi ognuno può fare sue. Da questo deriva la fruizione eterogenea dei miei brani. Mi piace però pensare che possa anche in temi specifici cercare valori universali.
Cosa significa per Francesco Gabbani… essere felice?
Sconfessare ogni regola logica! La felicità è una cosa così personale che non ha regole. La mia oggi la ricerco nell’attimo, nel momento. Ho una visione orientaleggiante. Sono per il qui e ora e lo faccio davvero. Ho scelto non di aspettarla ma di viverla.
Trovi più gratificante scrivere per sé o per altri?
Mi piace sia scrivere sia per me che accompagnare altri artisti. Non ho una preferenza. Sono due sensazioni diverse ma belle e intense entrambi. Ricevere un brano che sento mio trasmette coesione e complicità. Dare qualcosa a qualcuno, tipo Ornella Vanoni, provare ad entrare nei suoi panni, nel suo mood emozionale… è un’altra esperienza gratificante.
Tu hai partecipato all’Eurovision in Ucraina, che ricordo hai?
Ho vissuto la città di Kiev come un luogo che non conoscevo. C’era una positività oltre il concetto gioioso dell’Eurovision. Ci sarei tornato volentieri. Vedere oggi le immagini mi tocca. Sono contro la guerra: incredibile che nel 2022 ci siano guerre e muoiano innocenti. Mi sento disarmato di fronte a questi scenari, mi fa un grande male. Spero che chi sta dietro a queste cose possa rinsavire.
E’ vero che la “scimmia che balla” è rimasta là?
E’ vero, a Kiev ho lasciato la mia scimmia. Però non voglio dimenticarla, fa parte della mia storia. Oggi la connoterei in modo diverso ma non la rinnego.