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Nelle carceri padovane si sperimentano le “camere dell’amore”

Nelle carceri padovane si sperimentano le “camere dell’amore”

Il carcere di Padova si avvia ad essere il primo istituto dove i detenuti potrebbero avere momenti di riservatezza con il partner. Un’idea a cui si intende dare seguito dopo la recente sentenza della Consulta, la quale ha stabilito l’illegittimità del divieto di colloqui intimi tra detenuti e familiari. E a distanza di poche ore dal suo annuncio, il  progetto della “stanza dell’amore” rappresenta già un caso. Infatti il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Ostellari, frena sottolineando che “in proposito non esiste alcuna autorizzazione specifica riguardante la casa di reclusione Due Palazzi di Padova o altro istituto in Italia”.

Prefabbicati mobili per la sperimentazione dell’iniziativa

Ma i promotori ribattono: “Lo stesso capo del Dap si è già detto pubblicamente favorevole a questo tipo di iniziative. Per il piano è stato coinvolto il direttore del carcere, successivamente ad un sopralluogo, il progetto sarà presentato alla Cassa delle ammende per la richiesta dei fondi”, sostiene Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti, rivista che sta collaborando a questa idea. La sperimentazione dovrebbe partire con la creazioni di piccoli prefabbricati mobili, posizionati in un’area verde del cortile dell’istituto di pena.

A Bollate (MI) già esistono

Si tratterebbe di strutture simili a quelle già esistenti nel carcere di Bollate, ma nel caso di Padova gli incontri con familiari o congiunti avverrebbero senza il controllo visivo. Sulla questione di garantire ai detenuti la privacy negli incontri con i propri cari in realtà esiste una convergenza della politica e dell’amministrazione penitenziaria sulla spinta della pronuncia della Corte costituzionale a gennaio.

Occorre un lavoro serio e congiunto

Anche se l’intenzione è di studiare prima l’aspetto nelle modalità e nei luoghi. Fonti del Dap spiegano che il primo passo è la costituzione di un tavolo di lavoro al quale parteciperanno il dipartimento e i provveditorati: sarà aperto a tante parti in causa sul tema, come i magistrati di sorveglianza. E’ Ostellari a confermare che “le carceri hanno bisogno di serietà, non di propaganda. Sarà costituito un tavolo di lavoro per approfondire la questione”.

Esclusi i reclusi al 41bis

Serviranno quindi protocolli e linee guida, anche per stabilire quali tipologie di detenuti potranno accedere a questo tipo di benefici (saranno sicuramente esclusi i detenuti in regime di 41bis e i reclusi per altri reati specifici) e quali dovranno essere le modalità di sorveglianza. Di sicuro si tratta di un tema al quale già qualche giorno fa in commissione Giustizia il capo del Dap, Giovanni Russo, si era detto favorevole, parlando di una “iniziativa partecipata” aperta anche ad avvocati, architetti e psicologi per far partire in due o tre istituti penitenziari già esistenti “questa sperimentazione”.

 

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