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Padova, la sorella più bella

Padova, la sorella più bella

Venezia la bella, e Padova sua sorella” è un vecchio detto popolare che fa comprendere bene a chi non l’ha  visitata che Padova è una delle città più belle d’Italia. Sede delle più antiche e prestigiose università, fin dal XIII secolo la città gode di una notorietà ben radicata nella storia dell’insegnamento e della ricerca. Seconda solo a Bologna. Ai 200 mila residenti ogni anno si aggiungono oltre 60mila studenti, un segno dell’ospitalità e dell’organizzazione del tempo libero.

Il ciclo di Giotto

Padova è una città millenaria le cui origini risalgono al XII secolo Ac. Ma è nel Trecento che inizia ad assumere un ruolo culturale in tutta la penisola e anche oltre confine. Testimonianza di questa ascesa sono i dipinti e le sculture che è possibile visitare. Come il ciclo del pittore Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Tra il XIII e il XV secolo in città si sviluppa una corrente culturale che introdurrà il Rinascimento padovano e influenzerà le componenti artistiche dell’intera Italia settentrionale del Quattrocento.

Una perla del Veneto

Testimonianze di questo fervore sono la Cappella degli Scrovegni e i Musei civici degli Eremitani (prenotabili online). Affrescata tra il 1303 e il 1305 da Giotto su incarico di Enrico degli Scrovegni, la Cappella è uno dei massimi capolavori dell’arte occidentale oggetto di interventi conservativi nel corso dei secoli. Il complesso dei Musei in piazza degli Eremitani è ospitato nei chiostri dell’ex convento dei frati Eremitani che ingloba anche Palazzo Zuckermann (tutti in zona pedonale).

Antonio: più che un santo

I Musei Civici raccolgono una incredibile collezioni di pittori veneti come Tiepolo, Tintoretto, Veronese (che da soli valgono la visita). Ma  non basta. Nel Battistero del Duomo è conservato il ciclo di affreschi di Giusto de’ Menabuoi. Una fetta della sua notorietà deriva anche da Sant’Antonio: il patrono cittadino.

La sua secolare presenza si ritrova dalle reliquie conservate nella Basilica ai numerosi dolci che portano il suo nome. Riconosciuta come santuario internazionale la basilica di San’Antonio è uno dei più celebri luoghi di culto della cristianità. Nel suo insieme ricorda molto la Basilica di San Marco a Venezia. Ma nel suo interno è il trionfo del Rinascimento con la Cappella dell’Arca, delle reliquie, della madonna Mora e del Beato Luca.

Lo Spritz è dei patavini

Sono secoli che i padovani (o patavini) se la godono. E alla grande. Vocati alla socialità e alle chiacchiere, infatti, i padovani si contendono con Venezia la nascita dello Spritz (in origine era bianco). Le sue origini risalgono alla fine dell’800.

I soldati dell’Impero Austro Ungarico – che mal sopportavano l’alta gradazione dei vini veneti –  spruzzavano (spritzen in tedesco) il vino con selz o acqua gasata. Pensavano così di poter ricreare il gusto delle loro beneamate birre. Ingenui. Dai quei tentativi, però, ne scaturì una bevanda alcolica, che nel corso degli anni è diventato un vero e proprio cult.

La prima svolta si ebbe negli anni ’20 e ’30 del ‘900 quando al vino “spruzzato” qualcuno aggiunse l’Aperol della ditta padovana dei Fratelli Barbieri. O in sua vece del concorrente Select, prodotto dai fratelli veneziani “Fratelli Pilla & co. Da allora lo Spritz è sinonimo di aperitivo in Italia e nel mondo.

La Gallina coccodè spaventata in mezzo all’aia….

L’origine della Gallina Padovana risale al 1600 quando furono definite di razza Padovana tutte le galline col ciuffo. In realtà già nel 1300 i mercanti scambiavano questi animali trasportandoli dalla Polonia come animali ornamentali.

La qualità delle sue carni, più scure di quelle del pollo tradizionale, delicate e gustose, fecero crescere la sua diffusione e l’esportazione in Olanda e Francia.

E’ allevata rigorosamente a terra in spazi adeguati e alimentata con granaglie, integrate con latte e miele. Tutta la produzione avicola denominata “Corte Padovana” è la base della cucina locale. Oltre oltre questa qualità comprende la Gallina Polverara, l’oca (un tempo con le penne grigie), l’anatra, la faraona, il cappone. Ma anche il galletto nano (pepoa), il pollo, la gallina dal collo nudo e i piccioni ‘Torresani’ di Torreglia o il tacchino dei Colli Euganei.

 

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